Una volta tanto si può salutare l’uscita di un libro che (davvero) mancava. L’ha scritto Sebastiano Vassalli in un modo diverso dal solito ma alla sua maniera, non conformista: la sua parola, precisa, impeccabile, narrativamente tersa, racconta “Il romanzo della parola nei secoli”, come annuncia il sottotitolo.
Oltre al sottotitolo, sono molti gli elementi – quelli che Genette chiamerebbe paratestuali – che contraddistinguono fin dall’aspetto esteriore lo stile del volume. Per esempio, la sovraccoperta biancovestita, nello stile einaudiano dei “Supercoralli”, riproduce una splendida testa marmorea di Saffo, che emana un senso di quell’esemplarità e di quel nitore stilistico che contraddistinguono le sette narrazioni di altrettante vite di grandi poeti, scandite nel libro proprio dalla duplicazione in miniatura della stessa figura in apertura dei capitoli.
Ma non è solo questione di forma. In queste pagine lo stile impreziosisce e rende avvincente un originale percorso nella letteratura occidentale, al di là dei canoni scolastici, senza fare erudizione saggistica e senza tessere medaglioni agiografici. I poeti – da Omero a Virgilio, da Villon a Leopardi (con pagine intense sull’avversione per il “natìo borgo selvaggio”) per arrivare a Rimbaud (tutti ritratti con umanità e quasi crudezza) – sono personaggi fatti scendere dal piedistallo della tradizione, persone normali con i difetti, gli egoismi e le nevrosi che sono di tutti. Infatti ciò che per Vassalli merita d’essere raccontato è il momento in cui quegli uomini bruciano la loro esistenza e, morendo, illuminano una loro grandezza e la loro voce pronuncia parole che acquistano un valore per ognuno, in ogni tempo.
È difficile dire qual è la storia di poeta preferita: forse perché le pagine risaltano i diversi frammenti di una stessa vicenda e di una stessa immagine paradigmatica: di uno stesso Amore lontano, come allude lo struggente titolo citando l’amor de lonh di Jaufré Rudel: è la poesia della tradizione provenzale, carica di un’idea di eternità della parola che finora è stata studiata da molti ma che Vassalli riesce a trasformare in racconto e in verità cogliendo un momento preciso e drammatico come la morte. Forse perché nella morte la letteratura ritrova quella dignità morale che è uno dei tratti distintivi dello scrittore novarese.
Il finale è poi un esempio di letteratura quasi sapienziale: un’accensione di luce della parola che si fa fonte di vita, grazie alla poesia che diventa un ponte verso l’infinito, in un paesaggio intellettuale non lontano dai paesaggi metaforici amati dall’autore della Chimera: «La poesia è vita che rimane impigliata in una trama di parole. Vita che vive al di fuori del corpo e quindi anche al di fuori del tempo. Vita che si paga con la vita». E chi si stupisce di questo passaggio spirituale forse non ha mai colto in profondità il valore della letteratura per il laico Vassalli.
I suoi lettori fedeli ricordano ancora il romanzo di un poeta “babbo matto” come Dino Campana, La notte della cometa, ma qui l’autore segue storie ancora più fulminanti che restituiscono un’immagine forte dell’uomo, del mondo e delle chimere (che si pagano con la vita). I suoi sette poeti sono classici una volta tanto presentati da vivi, come nostri contemporanei. Per questo, e per l’essenzialità e la limpidezza con cui l’autore fa sintesi sulle loro sette vite e su un argomento tanto delicato e complesso, il nuovo libro di Sebastiano Vassalli è un dono a chi ama la poesia. Ed è anche – soprattutto ora che esce l’edizione tascabile – un dono per i giovani che si possono accostare in maniera nuova ai grandi poeti: infatti i grandi autori si leggono meglio attraverso grandi autori. E Vassalli lo è e sa scegliere le letture migliori, iniziando con il prologo dell’evangelista Giovanni e chiudendo con Lucrezio, a siglare un’opera di grande letteratura.

Roberto Cicala

Sebastiano Vassalli, Amore lontano. Il romanzo della parola nei secoli, Einaudi, Torino 2006 (“Tascabili”).

A cura di LEGE!
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